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Italia e Regno Unito

I rapporti tra Italia e Regno Unito hanno radici storiche profonde. Oggi si basano su una vastissima e capillare rete di collaborazioni tra Istituzioni pubbliche, società civile, attori economici, entità accademiche, culturali e scientifiche.

Il variegato e proficuo contesto delle relazioni bilaterali è arricchito dall’operosa presenza di dinamiche collettività di cittadini britannici in Italia e di italiani residenti nel Regno Unito.

L’Ambasciata a Londra e la rete consolare italiana nel Regno lavorano per il costante rafforzamento dei legami di amicizia e collaborazione tra i due paesi.

 

Rapporti Politici

Italia e Regno Unito hanno solide relazioni politiche che poggiano su una lunga tradizione di amicizia e appartenenza al comune contesto di alleanze internazionali.

Il rapporto bilaterale si basa sulla condivisione di valori fondamentali come la difesa della democrazia, la tutela e promozione dei diritti umani, il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, il libero flusso dei commerci e la collaborazione economica internazionale. Questi valori sono alla base dell’azione di entrambi i Paesi nelle principali organizzazioni multilaterali di cui sono membri, a partire dalle Nazioni Unite e dalla NATO.

L’assiduità dei contatti e la comunanza di vedute si riflettono in linee di politica estera convergenti su tutti i principali dossier: promozione della democrazia, sicurezza in Europa e nell’area transatlantica, stabilità nel Mediterraneo, nel Medio Oriente, in Africa Sub-sahariana, lotta ai cambiamenti climatici e politiche di sostegno alla transizione ecologica, sviluppo sostenibile.

Profondi e strutturati anche i rapporti nel settore della difesa e sicurezza.

 

La Comunità Italiana nel Regno Unito

L’inizio dell’emigrazione dalla penisola italiana si può fare risalire ai tempi dell’Impero Romano, quando molti coloni si trapiantarono nella Britannia romana.

La loro presenza si deduce anche da personaggi come Ambrosio Aureliano (V-VI sec), nella cui vicenda storica lo studioso John Morris ha visto la possibile origine della figura di Re Artù della leggenda della Tavola Rotonda.

Nel Medioevo la figura di maggior importanza è quella del teologo e filosofo Anselmo d’Aosta, il quale, come Arcivescovo di Canterbury dal 1093 alla sua morte nel 1109, ricoprì un ruolo rilevante nella lotta per le investiture che vedeva contrapposti i sovrani d’Inghilterra e il papato.

Nel Rinascimento vi fu una nutrita colonia di mercanti e banchieri (specialmente del nord Italia, dai quali viene il nome della Wall Street di Londra: Lombard Street, con il famoso “tasso lombard”) che si radicarono a Londra e dintorni.

Secondo lo storico Michael Wayatt, vi era una piccola ma influente comunità di italiani nell’Inghilterra dei Tudor, costituita da artisti, mercanti, umanisti e finanzieri che diede un’impronta fondamentale al nascente Impero britannico. La stessa scoperta del continente nord-americano per conto degli Inglesi è dovuta al navigatore Giovanni Caboto (1497).

Nel Cinquecento numerosi furono i protestanti italiani che si rifugiarono nelle isole britanniche: tra di loro si ricordano Jacopo Aconcio, Pietro Martire Vermigli (che dal 1548 al 1566 fu Regius Professor of Divinity all’Università di Oxford), Michelangelo Florio, Giacomo Castelvetro, e Alberico Gentili (anch’egli professore di legge a Oxford). John Florio, nato a Londra nel 1553, fu il più rinomato figlio di quella generazione, avendo tradotto in inglese molte opere che servirono allo stesso Shakespeare. Nel Cinquecento giunsero in Gran Bretagna anche numerosi italiani chiamati a lavorare come musicisti di corte: Davide Rizzio (che fu anche segretario privato di Maria Stuarda) e intere famiglie, come i Bassano (Antonio Bassano), i Lupo (Joseph Lupo, Thomas Lupo), e i Ferrabosco (Alfonso Ferrabosco l’Anziano, Alfonso Ferrabosco il Giovane).

Durante il regno di Giacomo II (1685-88), Ferdinando d’Adda fu a Londra come nunzio apostolico con il compito di indurre il re ad intercedere con Luigi XIV a favore degli oppressi protestanti francesi.

Dalla fine del Seicento e per tutto il Settecento l’Inghilterra divenne una meta favorita di musicisti, artisti e intellettuali italiani; alcuni di loro vi si stabilirono, contribuendo a diffondere la conoscenza della cultura e della lingua italiana. Tra i più influenti furono i compositori Giovanni Bononcini, Francesco Geminiani e Muzio Clementi, i cantanti Valentino Urbani, Nicolò Grimaldi e Farinelli, l’architetto Giacomo Leoni, il fisico Tiberio Cavallo, e gli artisti Maria Cosway e Giuseppe Ceracchi.

L’arrivo del letterato Gaetano Polidori a Londra nel 1790 apre un nuovo capitolo nella presenza italiana in Gran Bretagna. L’ex segretario di Vittorio Alfieri contribuì alla traduzione di opere letterarie inglesi in italiano. Suo figlio, John William Polidori, fu medico personale di Lord Byron e autore della prima storia di vampiri in lingua inglese, Il vampiro (1819). Sua figlia Frances Polidori sposò un altro letterato ed esule italiano, Gabriele Rossetti, dal quale ebbe quattro figli, i quali tutti ebbero una straordinaria carriera come poeti, letterati e artisti: Maria Francesca Rossetti, Dante Gabriel Rossetti, William Michael Rossetti e Christina Rossetti.

Negli stessi anni due famiglie ebree italiane acquisirono enorme prestigio in Gran Bretagna: i Montefiore (da Livorno) e i Disraeli (da Cento, Ferrara). Il mercante Moses Vita (Haim) Montefiore era giunto a Londra attorno al 1745. Il nipote Moses Montefiore (nato a Livorno) emerse come uno degli uomini più ricchi e influenti dell’Ottocento come imprenditore e filantropo. Anche il mercante Benjamin D’Israeli si era stabilito in Inghilterra nel 1748; suo figlio Isaac D’Israeli fu un noto letterato e padre di Benjamin Disraeli che sarà Primo ministro del Regno Unito due volte: nel 1868 e nel 1874-80.

Nella prima metà dell’Ottocento l’Inghilterra fu terra di rifugio per molti patrioti italiani. Vi giunsero, fra gli altri, Ugo Foscolo (che vi trascorse gli ultimi anni della sua vita, dal 1816 al 1827), Antonio Panizzi (che nel 1831-66 lavorò alla biblioteca del British Museum fino a divenirne il direttore), e soprattutto dal 1840 al 1868 Giuseppe Mazzini (che ne fece la propria centrale operativa all’estero, adoperandosi attivamente anche a favore della crescente comunità italiana di Londra, promuovendo già nel 1841 l’apertura ad Hatton Garden di una scuola in lingua italiana).

Dopo il 1830 il flusso migratorio dall’Italia, specialmente centro-settentrionale, verso le principali città inglesi aveva assunto caratteri di massa. Nella seconda metà dell’Ottocento vi erano importanti comunità italiane a: Londra (Chelsea, South Kensington, Westminster, Kensington) Peterborough, Manchester, Glasgow, Bedford, Woking e Cardiff. Il numero degli Italiani residenti in Gran Bretagna crebbe da 4.608 nel 1861 a 24.383 nel 1901. Anche tra i figli degli immigrati cominciarono a emergere le prime personalità di rilievo come Louis Charles Casartelli, professore di letteratura e lingua persiana all’Università di Manchester e quindi dal 1903 al 1925 vescovo cattolico di Salford.

L’avvento del Fascismo bloccò l’emigrazione italiana. Il regime cercò di sostenere le istituzioni italiane all’estero, e di usarle con qualche successo per la propria propaganda. Già nel 1921 si era costituita a Londra una sezione del Fascio, che fu attiva fino allo scoppio della seconda guerra mondiale animata da intellettuali come Antonio Cippico, Camillo Pellizzi, Cesare Foligno, Piero Rèbora e l’ambasciatore Dino Grandi. La Gran Bretagna rimase comunque luogo di rifugio sicuro per molti intellettuali antifascisti e ebrei, come Piero Sraffa, Guido Pontecorvo e Arnaldo Momigliano.

Allo scoppio della seconda guerra mondiale quasi tutti gli Italiani in Gran Bretagna e Londra (oltre 20.000 nel 1940) soffrirono restrizioni ed internamenti, che colpirono indiscriminatamente anche molti antifascisti ed ebrei. Il tentativo di espellere gran parte degli internati italiani in Canada produsse il 30 giugno 1940 il disastro dell’affondamento dell’Arandora Star nell’Atlantico da un sottomarino tedesco con la morte di 476 dei 732 italiani.

« Non appena Mussolini dichiara guerra scatta un blitz di arresti che nel giro di due settimane porta nei campi d’internamento 4.500 italiani. Il blitz non avviene solo a Londra e nelle principali città britanniche, ma anche in paesi piccoli e relativamente remoti come, per esempio ad Hamilton, in Scozia. Gli arrestati vengono portati in campi di internamento, tra i quali Lingfield, che è un campo di corse per cavalli. Molti finiscono nei box dei cavalli. Poi passano ad altri campi come Warth Mills e nel frattempo il governo comincia ad attuare il progetto di inviare internati all’estero. Il Canada è pronto a riceverne 1.500, anche subito. Vengono approntate alcune navi, tra cui l’Arandora Star. L’Arandora Star salpa nella notte tra il 30 giugno e il primo luglio, senza esporre il contrassegno della Croce Rossa. Viene colpita da un sommergibile tedesco il 2, all’alba. Affonda in 20 minuti. Gli italiani a bordo sono 732. Le telecamere non sono ancora scese a far vedere quello che c’è sul fondo. Quindi si specula sul motivo per cui 476 italiani muoiono. Si dice che buona parte degli italiani si trovassero nel ponte più in basso e che quindi molti non fecero in tempo a salire le scale. Tra gli italiani c’erano poi persone anche molto anziane. »

L’affondamento dell’Arandora Star viene considerato il più tragico evento nella storia della popolazione italiana nel Regno Unito. Nonostante la tragedia iniziale, la maggioranza degli italo-britannici contribui’ lealmente e con crescente coinvolgimento agli sforzi militari della Gran Bretagna, assumendo soprattutto dopo l’8 settembre 1943 un ruolo sempre più di primo piano. Attorno a Radio Londra, che comincia le trasmissioni in italiano gia’ dal 27 settembre 1938 si raduna un gruppo dinamico di giornalisti e commentatori italo-britannici: Harold Stevens, Aldo Cassuto, Paolo Treves, John Marus, Ruggero Orlando, Elio Nissim e altri. Per tutta la durata del conflitto Radio Londra diventa il punto di riferimento privilegiato dell’informazione libera in Italia, contribuendo in maniera determinante, anche con i suoi famosi messaggi cifrati, al successo della campagna d’Italia (1943-1945).

Nel primo dopoguerra si ebbe una modesta ripresa dell’emigrazione italiana (specialmente dal Mezzogiorno d’Italia) verso aree industriali come Peterborough (dove agli inizi degli anni cinquanta circa 5.000 meridionali si sono trasferiti nella località di Fletton) e di Bedford (dove attualmente vi sono circa 14.000 italo-britannici) Si riconsolidarono anche i legami culturali tra l’Italia e il Regno Unito grazie anche alla presenza Alessandro Passerin d’Entrèves come professore d’italiano a Oxford, dal 1946 al 1957, e l’apertura nel 1949 dell’Istituto Italiano di Cultura a Londra.

Nella seconda decade del 2000 sono sempre più numerosi i connazionali che si trasferiscono nel Regno Unito, specialmente a Londra, con l’intento di effettuare un’esperienza di studio o linguistico-lavorativa o alla ricerca di nuove opportunità di impiego.

Dati alla mano, la crescita numerica della comunità italiana nel Regno Unito negli ultimi anni è stata impetuosa. Gli iscritti all’AIRE in Inghilterra e Galles sono più che raddoppiati nel giro di 8 anni, passando da poco meno di 200 mila a più di 458 mila (febbraio 2022). E’ come se una città italiana delle dimensioni di Trieste raddoppiasse la sua popolazione in meno di un decennio. Una simile tendenza demografica non si vedeva nel nostro Paese dal secondo dopo guerra, quando il miracolo economico spinse una grossa parte della popolazione contadina verso le città affamate di lavoratori. Questo, nonostante negli ultimi anni siano intervenuti eventi epocali, come la crisi economica del 2007, la Brexit e la pandemia da covid-19.

Italiani di Londra

A Londra fin dalla metà del secolo XIX si formò a Clerkenwell (vicino al Parlamento inglese) una “Little Italy”, abitata anche da personaggi come Giuseppe Mazzini (che creò ad Hatton Garden nel 1841 una scuola in lingua italiana per la crescente comunità).

La chiesa cattolica di San Pietro a Clerkenwell fu fondata nel 1864 per servire la comunità italiana di Londra, che all’epoca contava 5.000 persone. Da allora annualmente viene fatta la “Processione della Madonna del Carmine” intorno al quartiere.

Molti Italo-britannici ai primi del Novecento si trasferirono a vivere nel quartiere Soho, dove crearono numerosi ristoranti e punti di ristoro (caffè, gelaterie, pasticcerie, ecc…) e svilupparono studi di artisti ancora oggi rinomati.

Durante gli anni trenta vi erano undici scuole italiane per gli Italo-britannici a Londra e la locale sezione del Fascio (promossa nel 1921 dallo stesso Mussolini, che la definì la “sua primogenita all’estero”) era collegata alla crescente organizzazione dei fascisti inglesi di Oswald Mosley (fino alla guerra d’Etiopia appoggiati da Lord Harold Rothermere, proprietario del Daily Mirror e del Daily Mail, e parzialmente anche da Churchill).

L’entrata in guerra del Regno d’Italia contro gli Alleati produsse inizialmente forti restrizioni alla vita della comunità italiana a Londra. La situazione miglioro’ gradualmente nel corso del conflitto, soprattutto dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Per tutta la durata del conflitto la redazione BBC di Radio Londra fu il punto di riferimento essenziale degli antifascisti italo-britannici.

Nel dopoguerra si ebbe una ripresa dell’emigrazione italiana ed anche Londra registrò una crescita numerica della sua comunità italiana (in attività legate alla ristorazione, commercio e turismo), che si esaurì negli anni settanta con il rientro di molti emigranti in Italia.

Negli ultimi decenni Londra è diventata una delle mete favorite della nuova emigrazione italiana.

Italiani in altre zone dell’Inghilterra

In Inghilterra altre aree in cui vi è una consistente presenza italo-britannica sono soprattutto quelle di Manchester, Liverpool, Birmingham, Peterborough e Bedford.

Italiani nel Galles

Nel Galles si trova una numerosa comunità italiana (circa 4.000) nell’area di Cardiff, Glamorgan e Newport, ivi stabilitasi tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, in massima parte proveniente dall’Italia centrale. Delle 476 vittime italiane dell’affondamento dell’Arandora Star 53 era residenti in Galles.

Tra i più famosi italo-gallesi si ricordano il pugile Joe Calzaghe (campione mondiale peso mediomassimo), l’attore Victor Spinetti, e il bassista Pino Palladino.

Italiani in Scozia

La presenza di artisti e intellettuali italiani in Scozia è documentata sin dal XVI secolo quando Davide Rizzio fu musicista e segretario privato della regina Maria Stuarda ad Edimburgo.

Una presenza significativa di italiani in Scozia comincia a manifestarsi però solo alla fine dell’Ottocento, nell’area di Glasgow. Il più celebre italo-scozzese di questa prima generazione fu il calciatore Giovanni Moscardini (1897-1985), che nato in Scozia da emigranti italiani svolse la sua carriera negli anni ’20 in Italia e nella Nazionale italiana di calcio per poi rientrare definitivamente in Scozia.

La seconda guerra mondiale fu per un periodo difficile per gli Italiani in Scozia, come per tutti gli italo-britannici. Molti italo-scozzesi furono trasferiti in campi di internamento nell’Irlanda del Nord e nell’Isola di Man. In quegli anni, la Scozia ospito’ anche gruppi di prigionieri di guerra italiani provenienti soprattutto dal fronte africano. Tra il gennaio 1942 e il settembre 1944, 550 di questi prigionieri furono impiegati nelle Orcadi alla costruzione delle Churchill Barriers, una serie di barriere contro gli U-boats tedeschi. Su iniziativa di alcuni di loro fu edificata sull’isoletta di Lamb Holm una piccola chiesa (the Italian Chapel), con materiali di riuso. La cappella decorata con pitture e opere d’arte è oggi diventata una delle principali attrazioni turistiche della zona.

Nel dopoguerra la comunità italo-scozzese poté riprendere la sua vita e consolidare la sua presenza. Elemento distintivo di questa presenza rimane quello della provenienza geografica. I più anziani provengono infatti quasi esclusivamente da minuscoli centri come Picinisco nel Frusinate (si calcolano in circa 8.000 gli Italo-britannici con ascendenza da quest’area della provincia di Frosinone) e Barga nella Garfagnana.

Similmente al resto del Regno Unito, anche la Scozia e l’Irlanda del Nord sono state negli ultimi anni mete privilegiate di molti connazionali desiderosi di fare un’esperienza di studio all’estero o alla ricerca di ulteriori possibilità lavorative. Fra il 2015 e il 2022 la consistenza numerica della collettività italiana in Scozia e Irlanda del Nord è passata da poco più di 15 mila unità a quasi 26 mila (+68%) e dal 2020 al 2022 si è assistito ad un incremento degli iscritti AIRE di circa il 13%.

Si stima che oggi gli Scozzesi di ascendenza italiana siano oltre 50.000.

Consistente è anche la presenza dei c.d. “nuovi cittadini” che, acquisito il nostro status civitatis in Italia, si sono trasferiti in Regno Unito per motivi di lavoro con le proprie famiglie. Le nazionalità di origine più rappresentate sono quelle sudamericane (brasiliani in primis – 7%) o quelle pakistana e bangladese (complessivamente il 4%).

La comunità italiana risiede prevalentemente concentrata nella Central Belt scozzese, fra le città di Edimburgo (36%) e Glasgow (24%).

Nel campo imprenditoriale domina la figura di Charles Forte, (1908-2007), nominato Baronetto nel 1981, capace di creare dal nulla uno dei più importanti gruppi economici della Gran Bretagna, incentrato sull’industria alberghiera, ora ereditato da Rocco Forte. Nel campo delle arti emergono gli artisti Alberto Morrocco (1917-1998) e Eduardo Paolozzi (1924-2005), e lo scrittore Alexander Trocchi (1925-1984).

Oggi, i figli di questi emigrati in Scozia rivestono anche ruoli chiave anche in altri settori. Fra di loro vale la pena ricordare illustri rappresentanti del mondo accademico (Anton Muscatelli e Rita Rae ex giudice del College of Justice, nominata rettore dell’Università di Glasgow) e celebrità artistiche nazionali e internazionali (Peter Capaldi, Nicola Benedetti, Paolo Nutini).

Italiani nell’Irlanda del Nord

Una piccola comunità italiana di quasi 2000 persone si trova radicata da oltre un secolo a Belfast, nell’Irlanda del Nord. Lo stesso Guglielmo Marconi (la cui madre era irlandese) aveva legami con questi Italiani dell’Ulster, originari principalmente da Casalattico e dintorni come Lord Charles Forte.