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Rapporti economici bilaterali

Il Regno Unito è la quinta economia mondiale, trainata dal settore dei servizi, che contribuisce per oltre i tre quarti alla costruzione del PIL nazionale e rappresenta oltre il 40% delle esportazioni totali.

L’attrattiva del Paese, il cui PIL nel 2021 si è attestato a 3.174 miliardi di $, da un punto di vista economico-finanziario-commerciale e come destinazione di investimenti esteri, rimane alta nonostante il rallentamento registrato successivamente al referendum del 23 giugno 2016, con il quale il corpo elettorale britannico si è espresso a favore dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea. Le notevoli opportunità offerte dal mercato britannico sono dovute alla compresenza di diversi fattori, quali la rilevanza di Londra e della sua piazza finanziaria (la City), e un ecosistema favorevole alla creazione di iniziative imprenditoriali, in quanto caratterizzato da barriere d’accesso ridotte, da un quadro normativo semplificato e coerente, da tassazione del reddito d’impresa estremamente competitiva, nonché da un sistema di incentivi diretti e indiretti focalizzato su ricerca e innovazione tecnologica.

Il cambiamento di scenario, verificatosi a seguito dell’esito del referendum del 2016 con il quale il corpo elettorale britannico si è espresso a favore dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, e le successive incognite legate a un percorso negoziale complesso, hanno dato luogo, nell’immediato, ad un clima di incertezza riguardo al futuro della crescita economica di questo Paese. Il Regno Unito è effettivamente uscito dalla UE il 31 gennaio 2020 e il periodo transitorio è finito il 31 gennaio 2021, dopo la firma dell’accordo TCA con Bruxelles a fine 2020. Gli effetti economici della Brexit si sono tuttavia sovrapposti con quelli generati dalla pandemia di COVID-19. L’emergenza sanitaria ha avuto un impatto significativo sul tessuto sociale ed economico britannico. Il 2020 ha infatti fatto registrare uno delle contrazioni economiche della storia del Regno. Se il 2021 e’ stato un anno di rimbalzo del PIL, nel 2022 sono cominciati a emergere le conseguenze della Brexit sul Pil britannico, inferiore di alcuni punti rispetto a quanto esse si sarebbe presumibilmente attestato rimanendo nella UE. In forte calo, ad esempio, le esportazioni verso la UE (da sempre il principale mercato di sbocco dei prodotti UK) a causa delle nuove formalità doganali e in rallentamento anche il flusso di investimenti diretti esteri diretti in UK (sebbene il volume sia uno dei più elevati al mondo). Il generale rallentamento economico determinato anche dal conflitto ucraino e l’elevato tasso di inflazione (che sfiora le due cifre) gettano forti incognite sull’andamento economico futuro del Regno Unito (che l’OECD da’, per il 2023, in sostanziale stagnazione).

Lo stesso clima di incertezza si è inevitabilmente determinato anche rispetto al quadro complessivo dei rapporti commerciali. Per quanto riguarda l’andamento dell’interscambio commerciale Italia/Regno Unito, l’analisi non può prescindere dal confronto con la situazione pre-Brexit e pre-pandemia. Secondo i dati elaborati da ICE-Agenzia, nel 2019, anno pre-covid, il totale dell’interscambio fra i due paesi, in sterline, ha registrato un aumento, attestandosi a 30,2 miliardi rispetto ai 28,7 del 2018. In particolare, le esportazioni nazionali sono ammontate a 20,3 mld., +4,29% rispetto ai 18,6 mld. del 2018, mentre le importazioni dalla Gran Bretagna sono calate del 3,09% rispetto all’anno precedente, ammontando a 10 mld. L’Italia si è posizionata come nono partner commerciale del Regno Unito, preceduto da USA, Germania, Cina, Olanda, Francia, Belgio, Irlanda e Svizzera.

Nel 2020 il commercio ha subito una drastica contrazione a seguito del diffondersi della pandemia e delle conseguenti misure restrittive adottate dai vari paesi a livello globale. L’interscambio Italia/Regno Unito ha registrato un calo del 14%. In particolare, le esportazioni nazionali sono passate a 17,4 mld. di sterline (-14,3% rispetto ai 20,3 mld. del 2019), mentre le importazioni dalla Gran Bretagna sono calate del 15% rispetto all’anno precedente, ammontando a 8,5 mld. di sterline. L’Italia ha perso pertanto una posizione rispetto all’anno precedente, classificandosi decimo partner commerciale del Regno Unito.

Nel 2021 l’interscambio è stato pari a 26,3 miliardi di sterline, in calo dello -0,3% rispetto allo stesso periodo del 2020. In particolare, le esportazioni italiane sono diminuite del 2%, contro il +3% delle le importazioni. Il saldo è risultato comunque attivo per l’Italia, per 8,6 miliardi di sterline, per quanto in calo del -6,7% rispetto all’anno precedente. Nel complesso, rispetto all’anno pre-pandemia e pre-Brexit (2019) le esportazioni Italiane verso il Regno Unito hanno registrato un -15%, e le importazioni dal Regno Unito un -11,4%. I primi dati relativi al 2022 fanno tuttavia registrare una incoraggiante ripresa delle esportazioni in Italia verso il Regno Unito, dato probabilmente da collegare alla maggiore dimestichezza delle imprese con le nuove formalità doganali post-Brexit.

I principali beni che l’Italia esporta verso il Regno Unito sono gli articoli di abbigliamento (£1.2 miliardi); medicinali e prodotti farmaceutici (£1.0 miliardi); bevande (£911.0 milioni); macchinari (£783.6 milioni) e manufatti in metallo (£675.6 milioni).

Le esportazioni del Regno Unito verso il nostro Paese sono trainate dal settore automobilistico (£1.0 miliardi), seguito dal petrolio greggio (£509.4 milioni), con una buona incidenza anche dell’industria meccanica, in particolare generatori meccanici di energia (£428.3 milioni, 4.6%), e dei prodotti farmaceutici (£378.1 milioni).

La crisi generata dalla pandemia da Covid-19 ha prodotto conseguenze negative anche sui flussi globali degli investimenti diretti esteri, che sono infatti diminuiti del 35% nel 2020. Le restrizioni in tutto il mondo in risposta all’emergenza sanitaria hanno rallentato i progetti di investimento esistenti, evidenziando come il calo degli IDE sia stato significativamente più netto di quello del prodotto interno lordo e del commercio. Nel 2021 si è invece registrato un aumento del 77%, superando il livello pre-Covid. Le prospettive per gli IDE globali nel 2022 sono positive, registrandosi una forte fiducia degli investitori specialmente nel settore delle infrastrutture.

Secondo i dati provenienti da FDI Markets lo stock di IDE in Italia provenienti dal Regno Unito per il periodo 2016 – 2021 si attesta a 93 progetti principali con un totale investito di circa £2 miliardi da 74 diverse società.

Per quanto riguarda le imprese italiane investitrici nel Regno Unito, un settore di punta è quello energetico, grazie al contributo delle attività di ENI e di diverse consociate del gruppo, al quale negli ultimi anni si sono aggiunte aziende attive nel settore delle rinnovabili come Falck Renewables, Saipem e ERG. Il settore della difesa è parimenti molto rilevante, rappresentato principalmente dal gruppo Leonardo, come anche quello degli autoveicoli, presente nel Paese con i diversi marchi del gruppo Stellantis. II settore degli elettrodomestici vede in primo piano il gruppo Merloni (Indesit), il gruppo Candy (Hoover) e il gruppo De Longhi (Kenwood).

Tra le altre imprese italiane con impianti produttivi e che hanno investito nel Regno Unito vanno senz’altro ricordate Prysmian, Tratos, Seda Packaging Group, Bifrangi, Zambon, Assicurazioni Generali, TerniEnergia, Reflexallen, Mapei, Digital Bros, Kinexia, Laminazione Sottile, il gruppo Biscaldi con Tŷ Nant Spring Water, JAS Worldwide.

Menzione a parte meritano anche tutti i marchi prestigiosi del Made in Italy dei settori della moda e del design quali, tra i tanti, Armani, Versace, Prada, Loro Piana, Brunello Cucinelli, Dolce&Gabbana, Max Mara, Bulgari, Ermenegildo Zegna, Tod’s, Furla, Sergio Rossi, Natuzzi, Scavolini, Alessi, Guzzini, Moleskine, Piquadro, nonché i marchi dei gruppi OTB (Diesel, Maison Margiela), Calzedonia (Calzedonia, Intimissimi, Tezenis, Falconeri) e Vicini (Vicini, Giuseppe Zanotti Design), che negli ultimi anni hanno investito ingenti risorse nella promozione e distribuzione sul mercato britannico, in particolare a Londra, tramite l’apertura di showroom e punti vendita.

Nel 2019 inoltre la joint venture First Trenitalia West Coast Rail ltd., costituita in partnership da Trenitalia UK (30%) e dalla multinazionale del trasposto su rotaia e gomma First Group (70%), è risultata assegnataria della concessione denominata West Coast Parnership per la gestione dei collegamenti ferroviari tra Londra ed Edimburgo con diramazioni a Birmingham, Manchester, Liverpool e Glasgow. La concessione (2019-2031) prevede la gestione della rete convenzionale (intercity) e, dal 2026, la definizione del modello e la gestione del primo tratto della rete ad alta velocità britannica (Londra-Birmingham). Trenitalia gestisce anche la linea metropolitana C2C nella zona est della capitale.

Anche il settore finanziario costituisce uno dei fulcri principali nei rapporti economico-bilaterali tra i due Paesi, in quanto Londra e la sua City rappresentano una delle prime piazze finanziarie a livello globale nonché una base di partenza per investimenti diretti in Europa anche da parte di numerosi investitori asiatici e del Nord America. I principali gruppi bancari italiani operanti nel settore finanziario sono Unicredit, Banca Intesa e Mediobanca. Negli ultimi anni si sono anche affermate importanti aziende italiane del Fintech. Molto attivi su questa piazza sono inoltre fondi italiani di private equity, hedge fund e family office.