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Rapporti economici bilaterali

Sulla base della versione aggiornata a marzo 2024 del “Fiscal and economic outlook” dell’Office for Budget Responsibility (OBR) del Regno Unito, si conferma il quadro in chiaroscuro di questa economia, in cui vi sono i presupposti per una ripresa, seppur relativa, del tenore di vita dopo il calo record del 2023 ma le prospettive di medio termine restano ancora incerte. Di positivo vi è in primis la traiettoria decrescete del tasso d’inflazione. Dopo aver raggiunto il record quarantennale dell’11.1% nell’ottobre 2022, il tasso si e’ assestato a maggio, per la prima volta in tre anni, al 2%, valore target della Bank of England (BoE). Il combinato disposto di tassi d’interesse in calo, bassi costi dell’energia, e crescita della popolazione e degli investimenti (quest’ultimo a seguito delle misure adottate negli ultimi due Statement) potrebbero assicurare una crescita del PIL tra lo 0.7% (stima FMI) e lo 0,8% (stima OBR) nel 2024, dell’1.5% nel 2025, dell’1.9% nel 2026 e su livelli similari fino al 2028. Nell’analisi di novembre, l’OBR aveva stimato che il tenore di vita, già in calo nel 2023, sarebbe diminuito dell’1,5% nel 2024 per poi aumentare in media dell’1,5% tra il 2025 e il 2028. Nelle nuove proiezioni esso dovrebbe riprendersi più rapidamente e crescere di circa l’1% all’anno, tornando al picco pre-pandemia entro il 2025-26, ossia due anni prima del previsto. Sotto il profilo delle finanze pubbliche, il quadro è rimasto sostanzialmente invariato rispetto allo scorso novembre: il rapporto debito/PIL, stimato all’89% del PIL quest’anno, raggiungerebbe il picco del 93,2% nel 2027-28 per poi scendere leggermente al 92,9% 2028-29.

Nel complesso, nei primi due trimestri del 2024, questa economia è cresciuta rispettivamente dello 0,7% e dello 0,6%: dati superiori alle previsioni della BoE, a quelli registrato da Eurozona, e che rappresentano, soprattutto, la maggiore crescita economica dal 2021.

Secondo quanto evidenziato da diversi economisti, il nuovo Governo laburista avrebbe in realtà ereditato un quadro economico tutto sommato positivo, almeno quanto a disoccupazione (solo 4,4%, ossia la metà rispetto a quello ereditato dal duo Cameron/Osborne nel 2010 e inferiore rispetto a quelli ereditati dalla Thatcher e da Blair), inflazione (stabile da due mesi al 2% rispetto all’oltre 11% del 2022).

Il Monetary Policy Committee della BoE ha inoltre annunciato il 31 luglio 2024 il taglio di 25 punti base del tasso policy (Bank Rate), portando così i tassi d’interesse al 5% e invertendo, per la prima volta dal marzo 2020, la tendenza al rialzo dei tassi.

 

L’interscambio Regno Unito-Italia nel periodo gennaio-dicembre 2023 è stato pari a 32 miliardi di sterline, in leggera flessione del -1,7% rispetto allo stesso periodo del 2022. Le esportazioni italiane hanno subito una contrazione del -5% (£22,1 miliardi del Gen-Dic 2023, contro i £23 miliardi dello stesso periodo 2022), dovuto essenzialmente calo delle esportazioni di prodotti chimici e farmaceutici che hanno registrato un -32,8% sullo stesso periodo del 2022. Stessa cosa vale per metalli e i minerali da lavorare che hanno registrato -20,6% sullo stesso periodo del 2022 e i combustibili minerali con -11,9% sul 2022. Le importazioni italiane dal R.U. hanno registrato invece un aumento del +6%. Il saldo è risultato comunque attivo per l’Italia per 12,3 miliardi di £, in calo del -12% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

 

L’Italia si posiziona undicesima tra i partner commerciali del Regno Unito preceduta da: Stati Uniti, Germania, Svizzera, Olanda, Cina, Irlanda, Francia, Belgio, Hong Kong e India. L’Italia mantiene invece la posizione di ottavo paese fornitore del Regno Unito con 22,1 miliardi di sterline (-5% nel 2022). I principali settori delle esportazioni italiane nel Regno Unito sono quelli dei prodotti agroalimentari, prodotti tessili e abbigliamento, macchinari e apparecchi. Nel 2023, le importazioni italiane dal Regno Unito sono aumentate del +20,8% sul 2022 e +29,1% sul 2021.

 

Gli IDE hanno sempre giocato un ruolo fondamentale nell’economia del Regno Unito: nonostante un rapporto del Governo locale abbia evidenziato che il Paese stia scontando un grave ritardo rispetto a USA e UE nell’attrazione di investimenti commerciali, quantificabile in circa il 2% del PIL (annualmente c.a. 50 mln sterline), il Regno Unito e’ a livello europeo ancora il Paese con la piu’ alta percentuale di IDE “greenfield” (ossia quelli finalizzati alla creazione di nuove unita’ produttive fabbriche o uffici) e puo’ contare sul vantaggio della lingua, della dimensione del mercato e del ruolo di Londra come hub finanziario globale.

Secondo i dati del Department for Business and Trade del Governo britannico, si registrano 1.654 progetti di IDE in entrata nell’anno fiscale 2022-23, con un aumento di 65 progetti (+4,09%) rispetto ai 1.589 progetti dell’anno fiscale 2021-22 e un aumento di 116 progetti (+7,5%) rispetto ai 1.538 progetti registrati nell’anno fiscale 2020-21.

I dati UNCTAD evidenziano che i flussi globali di investimenti diretti esteri (IDE) sono aumentati del 3% nel 2023 dopo il forte calo registrato nel 2022, salendo a 1,37 trilioni di dollari, da 1,3 trilioni nell’anno precedente. Il leggero aumento del livello di IDE sembra essere stato influenzato soprattutto dalla relativa stabilizzazione del quadro economico globale dopo la turbolenza e l’incertezza causata dal sovrapporsi di molteplici crisi globali negli ultimi due anni – il conflitto russo-ucraino, gli alti prezzi di cibo ed energia e il forte aumento del debito pubblico. In tale contesto, il Regno Unito detiene il secondo posto nella classifica europea per i progetti FDI, mentre la Francia ha mantenuto il primo posto; il terzo posto e’ ricoperto invece dalla Germania.

Per quanto riguarda invece gli IDE del Regno Unito in Italia, secondo i dati di fDi Intelligence, nel 2023 hanno superato gli 1.4 mld Euro, con una crescita di oltre il 108% rispetto all’anno precedente, generando oltre 4.000 posti di lavoro (rispetto ai circa 1300 del 2023). Si tratta di IDE nel comparto tessile/retail – con i marchi Dr.Martens (calzature), Primark (abbigliamento e accessori) e JD Sports (abbigliamento e accessori sportivi) – e delle energie rinnovabili (progetti nel fotovoltaico di Peridot Solar, Sonnedix Power e Verditek). Quanto alla distribuzione geografica, la Lombardia ha attratto il maggior numero di IDE ma è stata la Sicilia a far registrare il miglior risultato in termini di valore.

Relativamente alle imprese italiane investitrici nel Regno Unito, un settore di punta è quello energetico, grazie al contributo delle attività di ENI e di diverse consociate del gruppo, al quale negli ultimi anni si sono aggiunte aziende attive nel settore delle rinnovabili come Falck Renewables, Saipem e ERG. Il settore della difesa è parimenti molto rilevante, rappresentato principalmente dal gruppo Leonardo, come anche quello degli autoveicoli, presente nel Paese con i diversi marchi del gruppo Stellantis. II settore degli elettrodomestici vede in primo piano il gruppo Merloni (Indesit), il gruppo Candy (Hoover) e il gruppo De Longhi (Kenwood).

Tra le altre imprese italiane con impianti produttivi e che hanno investito nel Regno Unito vanno senz’altro ricordate Prysmian, Tratos, Seda Packaging Group, CNH, Sofidel, Maschio Gaspardo, Bifrangi, Zambon, Assicurazioni Generali, TerniEnergia, Reflexallen, Mapei, Digital Bros, Kinexia, Laminazione Sottile, il gruppo Biscaldi con Tŷ Nant Spring Water, MSC Cruises, Pirelli, La Doria e i gruppi farmaceutici Chiesi e Menarini.

Menzione a parte meritano anche tutti i marchi prestigiosi del Made in Italy dei settori della moda e del design quali, tra i tanti, Armani, Versace, Prada, Loro Piana, Brunello Cucinelli, Dolce&Gabbana, Max Mara, Bulgari, Ermenegildo Zegna, Tod’s, Furla, Sergio Rossi, Natuzzi, Scavolini, Alessi, Guzzini, Moleskine, Piquadro, nonché i marchi dei gruppi OTB (Diesel, Maison Margiela), Calzedonia (Calzedonia, Intimissimi, Tezenis, Falconeri) e Vicini (Vicini, Giuseppe Zanotti Design), che negli ultimi anni hanno investito ingenti risorse nella promozione e distribuzione sul mercato britannico, in particolare a Londra, tramite l’apertura di showroom e punti vendita.

Nel 2019 inoltre la joint venture First Trenitalia West Coast Rail ltd., costituita in partnership da Trenitalia UK (30%) e dalla multinazionale del trasposto su rotaia e gomma First Group (70%), è risultata assegnataria della concessione per la gestione dei collegamenti ferroviari tra Londra ed. Trenitalia gestisce anche dal 2017 la linea metropolitana C2C nella zona est della capitale (Londra-Essex).

Anche il settore finanziario costituisce uno dei fulcri principali nei rapporti economico-bilaterali tra i due Paesi, in quanto Londra e la sua City rappresentano una delle prime piazze finanziarie a livello globale nonché una base di partenza per investimenti diretti in Europa anche da parte di numerosi investitori asiatici e del Nord America. I principali gruppi bancari italiani operanti nel settore finanziario sono Banca Intesa, Unicredit e Mediobanca. Negli ultimi anni si sono anche affermate importanti aziende italiane del Fintech. Molto attivi su questa piazza sono inoltre fondi italiani di private equityhedge fund e family office.